Abbadia a isola

Nella zona che include il castello di Staggia e il conteso Monte Maggio, intorno al X secolo, la famiglia dei Lambardi, d’origine longobarda, estese la sua influenza e controllo, mantenendo i possedimenti acquisiti tramite una trasmissione per linea esclusivamente maschile, come attesta l’antica pergamena rappresentante la genealogia della famiglia, anticamente conservata presso l’Archivio dell’Abbazia. 

Questi beni, via via accresciuti e confermata dai re Berengario e Adalberto, nel 953 furono ereditati da Ildebrando, sposato con Ava, figlia del conte Zenobio (forse proveniente dalla zona di Firenze/Fiesole). Nella vallata sotto il Monte Maggio, vicino a un lago che lambiva le pendici di Monteriggioni, in un sito fondamentale per il passaggio della Francigena (come attesta anche l’itinerario di Sigericus, arcivescovo di Canterbury in viaggio verso Roma nel 990-4, che parla di una sosta a Borgonuovo, XVI submansio), Ava, rimasta vedova, il 4 febbraio del 1001 fonda l’Abbazia a Isola, votandola ai SS. Salvatore, Maria vergine, Giovanni evangelista e Benedetto da Norcia. Questi patroni vennero festeggiati e onorati con occasioni liturgiche particolari che ritroviamo nel manoscritto degli Intronati F.VI.15, proveniente dalla biblioteca-archivio della comunità badiana (cfr. scheda ms.).

Anche quando la famiglia protettrice si estinse, nel corso del XII secolo, il monastero evitò la dispersione dei possedimenti e dei privilegi, pur ritrovandosi in una zona di frontiera, controllata dalla potentissima Diocesi di Volterra, da quella di Fiesole e dai nascenti Comuni di Siena e Firenze: i castelli, tra cui quello di Staggia e la sua corte, iniziarono così, già verso la metà dell’XI secolo, a entrare nel patrimonio dell’abbazia per mezzo di acquisti e di donazioni; in particolare, nel 1086 il monastero ricevette una «portione de curtis et castello de Staia cum turre et ecclesia sancte Marie ibi consistente et sancti Cirini», dal cui patrono deriva l’attuale intitolazione della bellissima chiesa abbaziale, consacrata nel 1173, il cui portale era inizialmente gemino, tipico delle chiese mete di pellegrinaggi. Al servizio dei pellegrini era già stato fondato presso l’abbazia uno spedale, attestato dai documenti a partire dal 1050. 

Gran parte del patrimonio dei Lambardi divenne così proprietà della comunità abbaziale che, tra il 1105 e 1108, ottenne un’autonomia istituzionale pressoché completa dalla dinastia dei fondatori e si legò (1104-23) a un ramo in ascesa della famiglia, quello dei Soarzi, provenienti da Talciona, cui toccò in feudo il castello di Staggia. L’indipendenza venne a lungo mantenuta grazie a una rete di relazioni intessute dagli abati con i potentati locali, soprattutto con la Città di Siena al tempo del vescovo Ranieri (imparentato con Ugo, allora abate della comunità badiana), che ebbe un ruolo di primo piano nell’affermazione comunale di Siena e che assicurò la tutela cittadina ad Isola e ai suoi possedimenti e, già dal 1137, ottenne dai Soarzi dei giuramenti di fedeltà. Contemporaneamente, i monaci si smarcarono dai loro vicini grazie ad appoggi e riconoscimenti ottenuti di volta in volta da papi (dai quali ottennero il privilegio di esenzione, cioè la facoltà per gli abati eletti di rivolgersi a qualunque vescovo per riceverne l’ordinazione sacra e non solo da quello della diocesi d’appartenenza, Volterra) e imperatori: anche di queste protezioni troviamo traccia nel graduale F.VI.15, nella celebrazione di santi cari ai due soli.

«L’autonomia benedettina durò per quattro secoli e mezzo, fino a quando papa Eugenio IV unì il monastero alla più antica fondazione di S. Eugenio presso Siena (1446)»¹ e l’Archivio-Biblioteca badiana confluì nella biblioteca santeugenina, ora conservata presso la Biblioteca degli Intronati.

Così si esprime lo studioso Paolo Cammarosano riguardo all’Archivio: «Se in termini assoluti il centinaio di pezzi che ci sono stati tramandati dall’archivio monastico può apparire cosa modesta, si tratta tuttavia di una delle consistenze documentarie di maggior rilievo per le aree valdelsana e senese, così povere di serie archivistiche corpose se paragonate alle situazioni di Lucca, Pisa e anche di alcuni settori del territorio fiorentino»². La biblioteca, invece, rimane un territorio in buona parte sconosciuto, che attende studi specifici e che potrà gettare luce nuova sulla storia di queste zone.

Ricerca tramite melodia

Nella scheda Canti sono possibili diverse tipologie di ricerca. È possibile utilizzare il pentagramma per la ricerca melodica, utilizzando i seguenti caratteri:

  • Chiave: “1-” (per la ricerca all’interno della melodia non immettere la chiave);
  • Note: “9 a b c d e f g h i j k l m n o p q r s”
  • Spazio tra neumi: “-“

1-9-a-b-c-d-e-f-g-h-j-k-l-m-n-o-p-q-r-s-

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Esempio melodia:
Un esempio delle melodie presenti nel database scritto utilizzando un font standard:

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Nota bene:
Riportare sempre lo spazio tra i neumi “-” per non inficiare la ricerca